Le dimissioni

Solitudine di Napolitano

Napolitano se ne è andato davvero, perché chi credeva di conoscerlo aveva motivo di dubitarne. Ottenere un secondo mandato, qualcosa di inedito nella storia della Repubblica e poi in punta di piedi lasciare il Quirinale prima che questo si completasse. Può essere che l’età abbia giovato al ritorno alla vita privata della persona. Fra incarichi di partito e incarichi istituzionali, un miracolo che Napolitanino abbia avuto il tempo di metter su famiglia. Possiamo trovare mille motivi per una ragione privata alle sue dimissioni. Solo il fatto che venisse chiamato “re Giorgio” era motivo di fastidio. Può darsi che anche le caricature continue ed irriverenti di Crozza lo disturbassero. C’è chi sospetta, speriamo di no, ragioni di salute, o semplice stanchezza: fare il Capo dello Stato, richiede energie formidabili e Napolitano non si è mai risparmiato. Tutto questo non riesce però a nascondere un dato politico, Napolitano alla fine della vecchia legislatura e all’inizio della nuova aveva in mente uno schema pronto per dare respiro al Paese, senza voler ricordare la stagione della solidarietà nazionale, troppo tormentata e controversa, egli aveva indicato il governo Pella come modello, un governo di transizione, che ebbe vita breve ma servì. Napolitano non pensava ad un governo puramente amministrativo, ma di “larghe intese”, di legislatura, capace di superare le rotture del bipolarismo ed anche, diciamolo la nuova ipoteca grillina sul Paese. Per Napolitano l'Italia di tutto aveva bisogno fuorché di restare divisa “da pregiudizi e contrapposizioni che non portano da nessuna parte”. Chiedeva una “unità non formale”, quella che si pretende in tempi delicati e difficili come i nostri. Nacque il governo Letta, dopo che Bersani tentò proprio un accordo, fallito, con il movimento 5 stelle. Il governo Letta contava su una maggioranza che andava dal Pd a Forza Italia, pochi mesi ed il Senato estromise Berlusconi. Il governo Letta ebbe una frattura profonda. La nuova maggioranza fra il Pd ed i fuoriusciti del Pdl era una piccola intesa con effetti controversi. Meglio il governo Renzi che almeno recuperò Berlusconi sul piano delle riforme. Tutto il resto, la politica economica per esempio, è rimasta discutibile e precaria sottoposta ad attacchi da tutti i fronti, principalmente dai sindacati. Possibile che Napolitano abbia visto la premessa di un fallimento, tale che era meglio dissociarsi anzitempo. Non è stato il suo un incarico agevole il suo. Il presidente è rimasto solo davanti ad un’azione giudiziaria da parte della procura di Palermo che non conosce precedenti nella storia repubblicana. Un suo stimato collaboratore è morto di crepacuore e neppure tanto è bastato. Siamo arrivati al punto che i legali di mafiosi condannati si presentassero al Quirinale per interrogare il presidente sulla presunta trattativa fra la mafia e lo Stato. Napolitano non ha battuto ciglio. La sua promessa era di vedere un Paese trasformato e rinnovato, qualcosa per cui si batteva da quando era un semplice deputato. Difficile dire che possa ritenersi soddisfatto di quanto ha visto realizzarsi.

Roma, 15 gennaio 2015